Riccardo Pittis talento, passione e valore

Oro ai giochi del Mediterraneo, bronzo ai mondiali di Bormio, argento agli Europei del 1991 e 1997. Riccardo Pittis, talento cestistico cristallino, è andato a nozze con diversi trionfi nel corso della sua fulgida carriera ripartita tra Olimpia Milano e Pallacanestro Treviso.

Con il sodalizio meneghino ha vinto, tra l’altro, sette scudetti, due Coppe Korac e altrettante dei Campioni. Una carriera da raccontare, come esempio di grande attaccamento allo sport come valore e non soltanto come passione.

Di uno sport il cui amore è capace di frantumare anche gli inevitabili momenti di sconforto e delusione che possono venire. Elementi raccolti con precisione e nitidezza descrittiva nel volume intitolato “Lasciatemi perdere” scritto da lui stesso e presentato l’altra sera alla Mondadori bookstore di piazza Libertà in Gallarate.

“E’ la storia di un ragazzo cresciuto in una famiglia come tante nell’Italia degli anni Settanta – spiega la presentazione – destinato a diventare un’icona degli anni d’oro della pallacanestro italiana , dopo un’infanzia spensierata, la vita diRiccardo è rivoluzionata dalla scoperta del basket”. Con la palla a spicchi e tutto il suo pianeta è amore a prima vista. Così come lo è l’incontro con quell’Olimpia Milano che resta la squadra più blasonata del panorama cestistico tricolore e tra le più prestigiose al mondo. Una passione, una voglia di mettersi in gioco che descrive, in senso piacevole, come una “droga”.

“Ogni campione dello sport è un drogato – scrive- e quindi lo ero anch’io. Ma niente equivoci, non erano sostanze illegali, le mie droghe  erano perfettamente naturali e autoprodotte, ci pensava il mio corpo superstimolato da un costante turbine di emozioni inebrianti, noi sportivi proviamo emozioni tra le più intense”. Soprannominato “Acciughino” per via della struttura della sua corporatura, Pittis ha messo in bacheca diversi trionfi con Milano, ognuno con una sua bellezza particolare. Ma dopo il sole può sempre seguire un pioggia, talora anche molto intensa. E quella pioggia , per lui , si chiama fallimento.

Pittis, nel 1993, dopo 251 presenze e 2570  punti con Milano, passa a indossare la casacca di Treviso. Stessa intensità di vita cestistica ma con una compagna preziosa: la comprensione del senso della sconfitta che dà anche ai momenti in cui le cose non girano per il verso giusto il timbro della vita che conta e che vale.

“Solo quando ho smesso di giocare ho capito il vero senso della sconfitta- afferma – non che prima non l’avessi mai sperimentata, si intende, avevo perso le mie partite e le mie finali come tutti, ma non ne avevo mai tratto la lezione fondamentale, la verità della sconfitta l’ho capita solo quando mi sono sfilato le scarpe da basket in via definitiva  e sono entrato nella seconda fase della mia esistenza ,in cui vincere è un concetto più elusivo che nello sport”. 

Tutta crescita interiore, ogni giorno, ogni partita, ogni canestro e ogni respiro ti fanno conquistare come persona in modo sempre più consapevole.

“Il successo – spiega Pittis- prescinde dalla luce della ribalta , non è quanto sei celebri, ma quanto sei contento di fare ciò che fai e di essere ciò che sei, non è mai tardi, non è mai il momento di rinunciare a crescere, possiamo concederci tutto questo, possiamo lasciarci perdere”.

Ma perdere nel mare di ciò che davvero ci annoda nel più profondo della nostra esistenza, laddove vita e senso si abbracciano senza staccarsi mai.  

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